Sport in discesa, università in salita: le montagne russe di uno studente alle Olimpiadi

Matteo Gatti ha affrontato lo slalom sia a Pechino 2022 che fra i banchi di Ingegneria Gestionale a San Marino: ecco com’è andata e perché non si ferma qui

La montagna di Xiaohaituo, contea di Yanqing, a nord di Pechino, Cina. Febbraio 2022. Freddo. 

Bianca, la neve a oltre 2mila metri di altezza. Rosse, le bande che delimitano la discesa e scompaiono inghiottite dalla nebbia in cui si perde la montagna. Nel punto più ripido, raggiunge il 68% di pendenza. 

Un casco, due sci, altrettante racchette. Una tuta dalle tinte bianche e blu. Sopra, una pettorina con disegnati cinque anelli. Quelli delle Olimpiadi. Una scritta: Beijing 2022.

Matteo Gatti, 20 anni, sta per affrontare una delle gare più importanti della sua vita. Imponente anche nel nome: slalom gigante. Immenso, come il sogno di un ragazzino che sognava le Olimpiadi. E adesso è qui. Piccolo e grande allo stesso tempo. Le pupille coperte dagli occhiali. Guarda avanti: chissà dove di preciso. Chissà cosa gli passa per la testa. Chissà a cosa pensa. Se pensa. 

Magari è nervoso come succede a me prima di un esame. Che tensione: ma chi glielo fa fare? Cosa lo spinge? La voglia di fare bene? Mettersi in gioco? 

La risposta mi interessa, perché nello studio a volte è proprio così. Si va in cerca di ciò che si teme, che sia un libro o un professore, un laboratorio o un tirocinio. Allora mi sono rivolta proprio a lui. Matteo, lo sciatore olimpico. L’ho incontrato all’Università di San Marino, dove studia. Come me, anche se seguiamo corsi diversi: lui Ingegneria Gestionale, io Comunicazione e Digital Media. 

Com’è il brivido di stare al cancelletto di partenza di un’Olimpiade?
Non era la mia prima gara importante fra i ‘grandi’, quindi sapevo più o meno cosa aspettarmi. Sono partito molto tranquillo, anche se un fattore mi ha scoraggiato. Nevicava parecchio, una cosa veramente rara a Pechino, dove cadranno cinque centimetri di neve l’anno. Beh, quel giorno erano 20 e nessuno sapeva esattamente come gestire la situazione. Prima di me sono caduti due o tre atleti. Bastava uscire di poco dalla traiettoria giusta, per ritrovarsi nella neve fresca. E lì sarebbero stati guai. 

Un mix di freddezza e tensione quindi.
Nella prima gara, lo slalom gigante maschile, mi avevano squalificato perché ero partito con un leggero anticipo. Non mi era mai successo prima. Ero molto arrabbiato con me stesso.

È una sensazione che vedo anche nello studio: ci si prepara tanto, ma quando arriva il momento dell’esame è tutto un rebus, c’è sempre qualcosa pronto a sorprenderti. Una domanda inaspettata, per esempio.
Però nella seconda prova, lo slalom speciale, è andata meglio. Ero partito con il pensiero di portare a casa la gara a ogni costo, perciò ho cercato di non rischiare troppo. Sono uno dei pochi sammarinesi a essersi qualificato e aver portato a termine uno slalom. Ovviamente, ne sono orgoglioso. I miei allenatori sono stati molto contenti e anche le persone che mi conoscono. Tutta la comunità, a dire il vero.

Lo sci è uno sport individuale: ci sono momenti in cui la dimensione si allarga, per esempio negli allenamenti, come può succedere quando si preparano gli esami in gruppo?
A giocarci le Olimpiadi eravamo in due, io e un amico con il quale esco spesso. Non ci siamo fatti la guerra, anzi. La situazione ci ha spronati entrambi a dare il meglio. Lui oltretutto aveva più possibilità di me perché aveva scelto di studiare in uno ski college in montagna.

Com’è andata?
Ho dovuto sciare molto. Ho partecipato ai Mondiali a Cortina e poi, senza tornare a casa, sono stato in giro per l’Europa a competere per un mese e mezzo ottenendo buoni punteggi per la qualificazione olimpica. 

È stata una buona strategia?
Sì, ma fino al giorno della chiusura delle qualificazioni non mi sono potuto rilassare, ero molto teso. Sarebbero bastate una o due gare buone da parte del mio competitor, per lasciarmi fuori. Le cose potevano cambiare da un momento all’altro. 

Hai descritto un impegno quasi totale, rivolto allo sci: si può conciliare con gli studi universitari?
Durante il primo semestre dell’anno accademico 2021-22 sono riuscito a seguire quattro o cinque lezioni. Poi ho dovuto lasciar perdere. Se mi fossi fatto battere dall’altro ragazzo non me lo sarei mai perdonato. Sarei stato malissimo. 

È da quando sono piccolo che sognavo di arrivare a quel traguardo, era il mio momento, lo sentivo. Ero nel pieno della forma e avevo lavorato sodo per essere dov’ero. Ho messo in pausa l’università e puntato tutto sulla Cina.

Cos’è stato, dopo l’esperienza a Pechino, il ritorno agli studi a pieno regime?
Pochi giorni dopo le Olimpiadi mi sono iscritto a un esame di fisica tecnica. Non ho perso tempo e mi sono rimesso subito a studiare. 

I miei obiettivi al momento sono due: recuperare gli esami che ho dovuto lasciare indietro ed essere al via dei Mondiali del 2023. 

Non è semplice tornare in pari. Ma quando si studia con gli amici, soprattutto per gli esami più complicati, è tutto più leggero. Però qualche materia che gli altri hanno superato mentre io ero impegnato nello sport dovrò affrontarla da solo. Nessun problema, comunque. Lo sport mi ha temprato. Come sempre, darò il massimo. 

Articolo di Martina Rinaldini