Sapevi che lo spazio (cosmico) è pieno di rifiuti? Uno studente lo mostra in una tesi

Satelliti fatti esplodere, detriti che filano come pallottole e tanto altro: la spazzatura spaziale è sopra le nostre teste, e ci sono dei rischi

Fa un certo effetto, sentirsi dire che sopra di noi fluttuano 30mila e passa arnesi e oggetti. Alcuni piccoli come palline da golf, altri grandi come campi da calcio. Sono lassù, in cielo. Nello spazio cosmico, anzi. Anche se non li vediamo. Quasi mai.

Così afferma Edoardo Oliva, studente del corso di laurea magistrale in Interaction & Experience Design dell’Università di San Marino. Lui attorno a questo tema ha sviluppato la tesi con cui si è laureato alla triennale: si chiama “Pollute stars” ed è il prototipo di un sito web nel quale sono raccolti i principali dati sul fenomeno della spazzatura spaziale, insieme ad alcune storie e curiosità che coinvolgono decolli incontrollati e manovre azzardate.

Di cosa si tratta, nel dettaglio, ce lo spiega in quest’intervista a più dimensioni. La prima, vastissima, riguarda il contesto che circonda la Terra, a circa 36mila chilometri di distanza dai nostri corpi. L’altra, intima, va alle radici del suo interesse per le stelle, le orbite, i pianeti e via dicendo.

Partiamo da qualche numero: quanta roba c’è lassù?

Se consideriamo tutti gli oggetti creati dall’uomo e spediti in orbita, inclusi i satelliti attivi e non, oltre ai detriti più grandi di venti centimetri che vagano nello spazio, siamo oltre quota 33mila. 

Sono i numeri che ho raccolto per la mia tesi triennale. La cifra però è in costante evoluzione. I dati aggiornati si possono trovare sul sito Wayfinder. 

 

Esistono delle sottocategorie?

Certamente. Parliamo di quasi 9mila satelliti attivi e circa 3mila inattivi, che fanno parte della spazzatura spaziale insieme a più o meno 2mila corpi di razzi, 11mila piccoli detriti di cui si conosce la provenienza e 9mila di cui si sa poco o nulla. 

 

Capita mai che qualcosa torni indietro, cioé cada verso la Terra?

Risultano circa 400 oggetti precipitati. Ovviamente, non ce n’è traccia: quando entrano nell’atmosfera si bruciano, tanto sono veloci. 

 

E i satelliti?

La maggior parte di quelli attivi serve per le comunicazioni, le connessioni internet, i telefoni, le tv e tutto il resto. A volte, di notte, è possibile riconoscerli. Specialmente se sono quelli di SpaceX, l’azienda di Elon Musk leader del settore, che sta riempiendo lo spazio con i suoi satelliti Starlink. A volte, di notte, si riconoscono a occhi nudo perché riflettono la luce del sole come fa la luna, ma non in maniera continua. Si vede un puntino che si muove diventando via via più luminoso, poi si spegne. 

A volte gli Starlink sono disposti uno in coda all’altro e formano un trenino. Viaggiano a 7,8 chilometri al secondo, che sono praticamente 28.000 km/h. 

 

In orbita SpaceX dovrebbe avere circa 6mila satelliti.

Infatti lassù inizia a essere un po’ affollato. E ciò può comportare dei rischi.

 

A cosa ti riferisci?

Va considerato innanzitutto che un mezzo spaziale impegnato in una missione di esplorazione, diretto per esempio su Marte, è costretto a passare fra tutta quella roba col rischio di colpire un satellite e creare un bel casino.

Un frammento viaggia più veloce di una pallottola. Se dovesse colpire un altro satellite, per qualsiasi ragione, lo potrebbe danneggiare. Sullo sfondo c’è un pericoloso effetto domino: lo scontro fra due satelliti, tanto per dirne una, potrebbe creare una catena di danneggiamenti fino a coinvolgerli tutti.

 

A occhi nudo vedremmo delle esplosioni in cielo?

Non credo che si arriverebbe a tanto. Ma ce ne accorgeremmo comunque, perché i nostri sistemi di comunicazione si basano sui satelliti: ci ritroveremmo senza internet, senza telefono e così via. Zero collegamenti, insomma. 

Questo scenario ha un nome: si chiama Sindrome di Kessler. Rappresenta una visione catastrofica, certo. Ma va considerata. 

 

Quando un satellite non funziona più, viene abbandonato in orbita?

Sì, anche se si inizia a pensare a un sistema per fare pulizia. Per il momento però è solo un’ipotesi.

Di questo passo, in ogni caso, la saturazione dell’orbita esterna del pianeta Terra non è da escludere. Anzi. Il recupero dei satelliti non attivi e dei detriti avrebbe anche un risvolto economico positivo. Ci sono materiali particolari che possono essere riutilizzati. Leghe pregiate. Metalli come oro e argento. Minerali. 

 

Sono mai successe cose bizzarre, lassù?

Nel 2007 la Cina ha sparato un missile contro un suo satellite metereologico, disintegrandolo. L’episodio ha prodotto 3.500 detriti spaziali grandi come una pallina da golf, o di dimensioni maggiori, che possono vagare alle velocità che ho descritto prima. Un bel pasticcio. 

 

Passiamo a te: da dove nasce  il tuo interesse per lo spazio?

Ce l’ho da quando sono bambino. I miei genitori mi portavano al Museo del Balì, nelle Marche, dove ricordo una stanza con la volta celeste in alto, bellissima. Divoravo tutti i numeri della rivista Focus, che dedicava tanti approfondimenti sul tema. Ho anche amato i film ambientati nello spazio. La saga di Alien, Interstellar, the Martian, Start Wars. 

La tua tesi che scopo ha?

Mostrare in maniera efficace e diretta un fenomeno che ritengo interessante e importante. Lo spazio è affascinante, stupendo. Va tutelato. 

 

Durante le tue ricerche, cosa ti ha stupito di più?

Oltre ai numeri generali e ai rischi, che già a grandi linee conoscevo, è stato quell’episodio della Cina. Sparare a un satellite non è stata una gran mossa.