Quando la prof è una guerriera

Una delle docenti dell’Università di San Marino è campionessa di sollevamento pesi: la sua vita fra muscoli e numeri

Sveglia alle 6, ed è subito allenamento. Mezz’ora di esercizio fisico, poi doccia, colazione e via a scuola col bambino. Alle 9 in ufficio: moduli dei tirocini, telefonate, conferenze da organizzare. Alle 10 lezione di geometria, due ore in cattedra di fronte agli studenti del corso di laurea in Ingegneria Civile dell’Università di San Marino. 

A mezzogiorno e mezza l’arrivo in palestra: dal bagagliaio di una Toyota Yaris, fra bustine di proteine in polvere e sacchetti di banane e frutta secca, spunta un borsone con una paio di Nike, una cinta e delle ginocchiere. Belen Giacomone raggiunge lo spogliatoio, dove abbandona i tacchi e cambia mise. Indossa una t shirt bianca con la lettera greca P, simbolo della costante matematica. La vestirà per un’ora e mezza, l’intero allenamento. Sopra la testa, a ripetizione, decine di chili di peso alzati verso il cielo. Sul petto, più che esplicito, il richiamo alla sua carriera universitaria.

Quindi il pranzo e di nuovo nella sede di Ingegneria, dove lavorerà a un progetto di ricerca sulla didattica della matematica, il suo principale ambito di approfondimento accademico. Quando avrà finito non saranno ancora passati due terzi della giornata.

Una vita frenetica, la sua? Non proprio. Almeno secondo l’opinione della diretta interessata. 

Atleta e docente, ma non solo: come si integrano e conciliano le due cose?

Sono vite parallele. Servono lavoro e disciplina in entrambe, ovviamente. Pianificazione, gestione. Ma anche ascolto del proprio corpo e consapevolezza su cosa succede nella testa. Se si è bravi, si riesce a trovare un equilibrio. A me succede quando le attività accademiche mi rilassano dallo stress dello sport, che a livello agonistico comporta comunque tanti sforzi. E viceversa. 

A pensarci, la matematica viene in aiuto, per comprenderlo: non si è immersi in qualcosa di statico, ma dinamico. L’equilibrio, una volta trovato, non è per sempre. Anzi. Ci sono tante variabili che cambiano in continuazione. Equazioni. 

 

Da atleta quali sono stati i risultati più importanti degli ultimi tempi?

L’ottavo posto all’Europeo del 2023, quando ho vinto anche il campionato italiano. Guardando un po’ più in là, il bronzo nella coppa del mondo del 2020, dietro ad avversarie che venivano dagli Stati Uniti e dal Vietnam. 

In quale categoria competi?

Femminile, sotto i 45 chili. 

 

Quanto ti alleni?

Sei volte alla settimana, divise in cinque o sei giorni, con sessioni da 90 minuti. Prima di diventare mamma arrivavo a dieci allenamenti da due ore ogni sette giorni.

 

Quanto alzi?

Settantacinque chili, in due movimenti. Uno slancio sul petto, poi su sopra la testa. Nello strappo, che è fatto di un solo movimento direttamente verso l’alto, sono arrivata a 58 chili. 

All’università di cosa ti occupi?

Insegno geometria agli studenti del corso di laurea in Ingegneria Civile e a quelli di Costruzioni e Gestione del Territorio. Sono inoltre assistente di analisi matematica. E poi orientamento, tirocini e placement. Oltre a tre progetti di ricerca internazionali. 

 

Di cosa si tratta?

Seguo dei dottorandi che si stanno specializzando nella didattica della matematica. In parole semplici: come insegnarla. Sono coinvolti studenti  da diverse parti del mondo: Messico, Stati Uniti e Argentina. Insieme agli Atenei di Barcellona, Panama e Saragozza. 

La matematica ti ha aiutato, nello sport?

Offre delle lenti attraverso le quali interpretare ciò che si sta attraversando o si ha davanti. Il sollevamento pesi è una disciplina molto tecnica. Ci sono dei ritmi da assecondare: quando fare un movimento, poi un altro. Serve capacità di analisi, misura. E sensibilità. Come dicevo prima: occorre saper ascoltare il proprio fisico, capirne i limiti, dove e quando poter osare. 

Poi ci sono gli aspetti più psicologici. La paura, per esempio. A volte pensare che si sta per alzare un determinato peso può portare a un blocco, o comunque una prestazione al di sotto delle proprie possibilità. A me è successo, anche in gara. È tutta esperienza. 

La prestazione si svolge in tempistiche lampo, vero?

Dura al massimo cinque secondi. Lì si dà tutto. A monte ci sono anni e anni di lavoro. Ogni alzata, ogni allenamento, sono una sfida. Sei costantemente sotto esame. 

 

In palestra hai un istruttore, mentre all’università ci sei tu in cattedra: dove ti senti più a tuto agio?

Come prof, direi.

 

Come si riconosce una brava docente di matematica?

La matematica non è una cosa statica. Non si insegna che questo è così e basta. C’è tanto altro. Nello sport è lo stesso: ti mostro un esercizio, ma se non lo capisci, non sarai capace di riprodurlo. 

La matematica non si insegna: si costruisce insieme allo studente. Attraverso la comprensione.

Gli studenti sanno dare soddisfazioni?

Certamente. Mi è capitato di incontrarne alcuni, diversi anni dopo la laurea, che mi hanno ricordato o raccontato qualcosa che avevo trasmesso loro. Mi sono sentita bene. Fa parte del mio carattere: a me piace lasciare un’impronta.

 

In tre parole, come ti descriveresti? 

Perseverante, competitiva. E anche guerriera.

 

Foto di Laura Pesenti