Pasta al pesto, paradisi di sabbia e un mare di amici: il mio semestre a Malta

Nell’arcipelago del Mediterraneo una studentessa dell’Università di San Marino ha fatto i conti con salite da paura e sfide sociali, approfittando di prof super e tanto altro

Se chiude gli occhi e pensa ai cinque mesi che ha trascorso a Malta, Isabella Gori vede unghie, peli, orecchie a punta e code scodinzolanti. Ma anche costumi da bagno, maschere da sub e onde mozzafiato.

Due opposti di un’esperienza frenetica, questi, che l’ha vista alternare le aule alle spiagge, lo studio allo svago, salite emotive e discese distensive. 

Tra animali curiosi, lezioni immersive e nuotate da sogno, questa è la storia di un periodo che non dimenticherà mai.

Ma andiamo con ordine. 

I gatti, dicevamo. Parecchi davvero, si trovano dappertutto. Inaspettatamente, quasi un culto: “Ci sono punti in cui vengono raccolti fondi per sostenerli e c’è un sacco di gente che porta loro da mangiare”. 

Isabella ne ricorda uno in particolare. Bazzicava nel campus di Msida, che con oltre 250.000 metri quadri di aule, uffici e altri spazi ha rappresentato la sua seconda casa. 

A circa 20 minuti d’auto da lì, sulla costa opposta e nella principale isola di un arcipelago che dista circa 80 chilometri dalla Sicilia, la baia di Ghar lapsi, dove immergersi nell’acqua era come farsi rapire dall’assoluto. 

Ventidue anni e una passione per lo snorkeling, nell’isola del Mediterraneo Isabella ha trovato parecchio da fare, con mascherina e boccaglio. Ma doveva anche seguire alcuni corsi all’università: in fondo era lì per questo, grazie a un semestre coordinato dal programma triennale in Comunicazione e Digital Media dell’Università di San Marino, al quale è iscritta.

Nel febbraio scorso è atterrata a Malta e ha concluso la sua avventura in luglio. È stata la prima in assoluto, a sfruttare la partnership fra le due realtà accademiche. 

Proprio per questo, l’ho incontrata per farle qualche domanda sul suo periodo all’estero.

 

Perché partire?

Ero alla ricerca di un contesto internazionale in cui fare un’esperienza e Malta sembrava fare al caso mio. Gli obiettivi erano due: migliorare il mio inglese e incontrare persone diverse, da tutto il mondo. A convincermi è stato il feedback di un amico, riminese come me. Me ne ha parlato bene. In alternativa sarei potuta andare in Islanda, oppure in Germania. Ma amo il caldo, il mare, nuotare. La scelta è stata facile.

Com’è stato l’impatto, appena arrivata?

Mi considero una persona estroversa. Ma stringere nuove amicizie, in un contesto culturale diverso dal solito, non è stato immediato. E nemmeno parlare in inglese tutto il tempo. Mi ci è voluto un po’, per sciogliermi. In ogni caso, era qualcosa che avevo cercato e voluto, quindi mi sono buttata. I primi giorni la sensazione di essere un po’ ‘lasciata a me stessa’, in una vita del tutto nuova, c’è stata. Alcune cose spaventano, ma basta affrontarle. 

Trovare una casa è stato semplice?

Prima di partire avevo cercato qualcosa su Facebook, ma senza troppa fiducia. Di fatto, sono partita senza una sistemazione. Trovarla è stato un po’ uno stress: si tratta di cercare le occasioni giuste, visitare gli appartamenti e così via. Per dieci giorni ho condiviso una stanza con una ragazza francese, con la quale ci raccontavamo le rispettive giornate, la sera, per fare pratica con l’inglese. Così, abbiamo legato. Eravamo un po’ lontane dal campus, però. Allora è scattata la caccia a qualcosa di più vicino. In quei giorni ho anche conosciuto una studentessa italiana, Martina. Insieme abbiamo fatto gruppo. Eravamo quelli del “Seventh floor”, il piano del campus in cui ci incontravamo ogni giorno. 

Alla fine sei riuscita a trovare una buona sistemazione?

Sì, con due ragazze che lavoravano. Una di loro si chiamava Ela ed è diventata il mio riferimento. Una tipa molto materna e saggia. Quando tornavo a casa, la sera, ci raccontavamo i momenti più belli delle nostre giornate. Ci supportavamo a vicenda: anche lei era nuova lì a Malta.

I prof di Malta ti sono piaciuti?

Me ne sono proprio innamorata! Molto chiari nell’esposizione, innanzitutto. Pronti a fornire esempi pratici e interagire, chiedendo spesso opinioni. Si leggeva un caso studio e poi si dibatteva. Un metodo molto interattivo, insomma, che si andava a concretizzare anche all’esame. Si trattava principalmente di elaborare e presentare tesine nelle quali venivano applicate le analisi e i concetti affrontati in aula.

Quale materia ti ha catturata di più?

Internet marketing. Ogni lezione aveva un tema: email marketing, display advertising, SEO, pay per click, social media marketing e via dicendo. Per l’esame ho scelto un’azienda a mia discrezione e ne ho analizzato la situazione dal punto di vista digital, trovando punti di forza e debolezze, confrontandola con i competitor e fissando nuovi obiettivi allo scopo di realizzare una campagna nella quale venivano impiegate le strategie studiate. L’esatta applicazione di quanto affrontato in aula.

Sembra ideale.

Le lezioni però iniziavano alle otto di mattina. Non tutto è perfetto.

 

Andavi di corsa?

Sveglia, caffè fatto con la moka, colazione italiana. Poi mi aspettavano quindici minuti di camminata in salita con pendenze da vertigine!

La sera sempre festa?

Spesso sì, anche in eventi organizzati dall’università. Altrimenti si andava a bere qualcosa, oppure a ballare in qualche club. Il lunedì c’era la serata dedicata agli studenti impegnati nello scambio, come me. Si chiamava “surf side”.

A proposito di surf: di giorno, quali erano le spiagge giuste da frequentare?

Ghar lapsi o Hondoq ir-rummen, perfette per fare snorkelling. Facevo lunghe passeggiate e mi immergevo nel mare. Che dire? Perfetto!

 

Col cibo tutto bene?

Dipende da come ci si organizza. A me è capitato di mangiare pasta al pesto e uova per una settimana.

Di posti dove stare in compagnia, per cena, ce n’erano?

Sì, nell’ultimo mese io e gli amici del “Seventh floor” cucinavamo direttamente nel Campus Hub. Sperimentavamo con pietanze diverse. La nostra ricetta preferita è stata il butter chicken. Ma anche il wrap era buonissimo. Abbiamo legato tanto, lì. Eravamo a tutti gli effetti una grande famiglia.

Com’è stato dirsi addio?

Difficile. Ogni tanto una persona che conoscevo se ne andava perché la sua esperienza era finita. Era un po’ destabilizzante. Gli studenti internazionali a fine percorso lasciavano il posto ai nuovi. Era un ciclo continuo. Ma per me non c’è stato nessun addio, anzi. Io e i miei amici abbiamo già programmato un nuovo viaggio insieme. Quella fase si è conclusa, ma per noi ci sono nuove avventure all’orizzonte!

 

Intervista di Giulia Bencivenga
Foto di Isabella Gori