Qualche domanda alla donna alla quale è affidata la gestione del dietro le quinte all’Università di San Marino, con l’aiuto degli studenti di un particolare corso di laurea
Quante persone lavorano all’Università di San Marino? Oltre 300. E come sono divise? Circa 250 sono docenti, mentre le altre si occupano di tutto ciò che non riguarda le lezioni, la ricerca e le faccende strettamente accademiche.
Si tratta di un’organizzazione abbastanza ampia e articolata, attraverso la quale le attività sono possibili sempre e ovunque. Da seguire ci sono eventi come le cerimonie di laurea, relazioni come quelle alla base delle convenzioni internazionali necessarie per far studiare gli iscritti all’estero, operazioni come l’allestimento dei laboratori.
Non solo: su un piano ancora più pratico, d’inverno occorre fare in modo che le aule siano riscaldate, e d’estate fresche. Con i proiettori che funzionano, le prese elettriche in ordine, gli estintori carichi e così via.
Poi ci sono le stampanti, i computer, la wi-fi. Le biblioteche, dove serve un bibliotecario. La portineria, dove serve un portinaio.
In qualche modo, viene tutto seguito e curato. Ma chi c’è a capo di questa struttura?
La direttrice generale. E quali sono le cose più belle e complicate del suo mestiere?
Per capirlo abbiamo affrontato tre fasi. Prima abbiamo chiesto qualche spunto agli studenti dei corsi di laurea in Ingegneria Gestionale, gente che andrà appunto a lavorare in realtà complesse come questa. Poi c’abbiamo messo mano per rendere le cose ancora più interessanti. E infine abbiamo incontrato lei. Laura Gobbi. La superboss.
Ecco com’è andata la nostra conversazione, disponibile anche nel video qui sotto.
Come definirebbe il suo lavoro: semplice o difficile?
L’Università è una comunità integrata nella quale operano docenti, ricercatori, studenti, personale tecnico – amministrativo e così via. Ha quindi una complessità notevole, che da gestire richiede un certo sforzo e applicazione. Io però non lo vivo come qualcosa di faticoso. Anzi.
Cosa la stimola di più?
I problemi mi intrigano. Mi piace soprattutto risolverli e ancora di più farlo in gruppo, insieme, mescolando persone con competenze diverse. Non faccio niente da sola. È da questa ibridazione che nascono le idee più interessanti.
Fa parte di me: mi sono laureata in Fisica e per un po’ di anni ho fatto un lavoro collegato a questa formazione. Poi ho studiato Filosofia. A volte mi dicono che sono una l’opposto dell’altra. Non è vero niente. Fino al 1600 erano la stessa cosa.
Cosa invece non le piace?
I conti, il bilancio, le questioni contabili. Vorrei navigare nell’oro.
Nel lavorare con i docenti qual è il lato più affascinante?
Quando vengono da me portano idee, progetti, scenari futuri. In ciò si afferma una parte creativa che ritengo molto bella. Dalla mia posizione, avendo una prospettiva ampia sull’università, posso contribuire suggerendo collegamenti e collaborazioni con altri docenti che lavorano su qualcosa di simile, portando così le iniziative su un ulteriore livello.
Ci sono anche momenti critici?
Ogni prof ha il suo carattere. Succede che alcuni avanzano delle richieste alle quali occorre dire ‘no’. A quel punto, ci rimangono male. Questa è forse la parte più complessa da gestire. A volte è difficile: c’è chi non prende bene un rifiuto e a quel punto diventa meno simpatico. Ma non cambia la mia posizione. Un ‘no’ resta un ‘no’.
I docenti si sentono spiriti liberi. E va bene così, perché l’università è un luogo di ricerca libero. Questa libertà, va ricordato, è permessa da alcune condizioni. Vanno quindi rispettate.
Cosa succede quando comunica una cattiva notizia?
Farlo non mi piace per niente. Ci rifletto tantissimo, sia prima che dopo. E mi fa stare male. Quello che posso fare è cercare di rendere le cose più sopportabili per chi la riceve. Ma lo devo fare, rientra nel mio ruolo.
Se convoco qualcuno, magari ha già un po’ di tensione perché pensa: che c’é, cosa mi dovrà dire? Cerco quindi di mettere la persona a suo agio, mi metto sul suo stesso piano, un piano di intesa e colloquio profondo. Poi entro nel merito delle cose dicendo che dobbiamo discutere una faccenda di importante che la riguarda. La situazione viene descritta e lascio sempre la porta aperta a futuri cambiamenti, sottolineando che le cose potrebbero cambiare in meglio. È ciò che penso e spero. Così, cerco di dare una prospettiva costruttiva.
Non potrebbe comunicare la notizia via email?
Sarebbe terribile, inaccettabile.
Quanto le risulta difficile riuscire a separare vita privata e lavoro?
Per niente. Se serve, mi prendo un giorno libero o anche di più. Magari non stacco del tutto, però. Le questioni ti girano sempre in mente, sai che dovrai fare una cosa e senti che il pensiero, anche se non è in primo piano, non ti molla.
Poi c’è un’altra dinamica, che accade quando non sono al lavoro e i miei momenti di ‘stacco’ vengono interrotti. Per un’emergenza, oppure una telefonata, un messaggio che richiede un intervento immediato. Dipende dalle situazioni, ma a volte mi può infastidire.
Quante ore lavora ogni settimana?
Tante, perché occorre considerare anche le attività portate avanti quando non sono in ufficio. Alle email per esempio rispondo spesso la sera dopo le dieci, perché di giorno non ho tempo. Poi c’è la parte dedicata allo studio, fondamentale per rimanere aggiornati, sapere cosa succede nel mondo e nelle altre università. È molto bella e si aggiunge a tutto il resto. Le ore di lavoro diventano quindi parecchie.
Per la domanda finale, una sterzata decisa: quando decide come vestirsi, quali principi o criteri la guidano?
Decido anche in base al contesto. Se partecipo a un Consiglio di amministrazione, al Senato accademico o qualcosa del genere, l’eleganza è più marcata. Ma c’è comunque, anche nelle altre giornate. Metto sempre i tacchi, con l’eccezione delle volte in cui devo spostarmi parecchie volte da una sede all’altra a piedi. Gli spazi che abbiamo nel centro storico di San Marino sono tre e per raggiungerli occorre camminare un po’.
L’abbigliamento indica anche il ruolo che una persona ricopre. Penso che il mio aspetto comunichi chiaramente che sono una delle rappresentati della governance di questa organizzazione.
Quando ho iniziato con l’incarico da direttrice generale, il primo giorno, ho fatto visita in tutte le sedi per presentarmi e ho indossato un tailleur rosso. Volevo comunicare il mio arrivo in modo colorato. Sottolineando la passione che avrei messo nel mio ruolo.
Intervista e foto di Pierfrancesco Manfrin
Video di Francesco Ceccoli