Tavolate di amici, chicche culinarie, confidenze serali e traguardi accademici: da una studentessa del corso di laurea in Design, le migliori esperienze rimaste nel cuore
Sono le persone a fare i luoghi. A legare a doppio filo una stanza a un viso, il colore di un maglione a una sensazione, una voce a un’abitudine. Una panchina a una parola capace di affermarsi in un’eco senza fine.
Nel mio periodo a San Marino, da studentessa del corso di laurea magistrale in Design, le esperienze si sono susseguite una dietro l’altra, spesso inaspettate. Dopo averle vissute e assorbite, ne ho scelte cinque e ho provato a rappresentarle in una serie di illustrazioni. Per renderle indelebili, come già sono dentro di me.
Post-it mania
All’inizio non consideravo San Marino come la mia “casa”, ma un posto di passaggio. Come una panchina alla fermata dell’autobus, dove ti siedi e aspetti sperando che il prossimo sia quello giusto e ti porti dove vuoi arrivare. Uno di quei posti in cui anche se l’attesa è lunga e forse noiosa, prima o poi dovrà finire. Per me era così. Ma poi un giorno è successa una cosa. La fine di una giornata come le altre, ma anche no. Mi sono seduta a fare due chiacchiere con la mia coinquilina e per la prima volta mi è sembrato che, intorno a noi, ogni oggetto fosse esattamente al proprio posto. Persino i post-it che i nostri amici ci lasciavano ogni volta che venivano a trovarci, avevano trovato la propria dimensione nel muretto tra la cucina e la camera, colorandolo di ricordi. D’un tratto, mi sentivo così bene. A mio agio. Non c’era altro posto in cui avrei voluto essere, se non lì. Ho iniziato a sperare che l’autobus sbagliasse strada. L’attesa, alla fine, non era poi così male.
Notti in bianco
Ne ho trascorse di tutti i tipi, di nottate: quelle fuori a ballare, quelle che “alle 10 a letto” ma poi ti perdi in mille chiacchiere con gli amici, quelle che se ne vanno studiando. Quando vivi da sola o con altri studenti non ci sono problemi, puoi tornare a casa all’ora che vuoi. Mia mamma però è una di quelle che un po’ controllano, verifica l’ora degli accessi su Whatsapp. Una volta, alle 7 di mattina, un messaggio minaccioso: “Ti sei appena svegliata o stai andando a letto adesso?” E allora, giù a spiegarle che la notte appena trascorsa era stata assurda, in bianco per una consegna importantissima. Non un esame qualsiasi, ma l’ESAME, tutto maiuscolo, il più importante del corso. Se ci penso e chiudo gli occhi sento ansia e paura, vedo i cavi dei carica batterie, la fila per il bagno, la faccia di Alessia dentro al computer, pizze, patatine fritte e i pisolini “mentre aspetto che renderizzi”. Non è stata la notte più divertente, questo è certo. Ma la porterò dentro per tutta la vita.
A tavola, vietato sbagliare
Cappelletti o tortellini? Ahimè, provenendo dalla toscana e ignara di tutto, ho imparato (a mie spese) che se per sbaglio dici “che buoni i tortellini” a tavola con qualche romagnolo, le conseguenze sono estreme. Hai due scelte: se non riesci a sostenere gli sguardi inquisitori e di disapprovazione dei commensali, puoi alzarti e andartene. Oppure puoi giurare mano sul cuore che ti sei confusa e che per te questi sono e saranno sempre ‘cappelletti’. Sai quante volte è successo? Lucrezia, romagnola doc, tornava a San Marino da Ravenna con i cappelletti fatti a mano da un’amica di sua nonna, chiamava a raccolta tutti e organizzava una bella tavolata. Risate, chiacchiere, buon vino e ottima compagnia. In quei momenti capivo cosa intendeva quando pronunciava una delle sue frasi tipiche: “Questi sistemano tutto, anche il cuore”.
Una panchina un po’ speciale
“Bella sta serata a fa’ tagliolini”, ripeteva Alessia ogni volta. La sera dopo cena, in primavera, ci incontravamo sulla panchina davanti a casa sua per parlare di ansie, amori, paure e futuro. Una volta le chiesi se davvero, nella sua terra d’origine in Campania, ci fosse l’usanza di ritrovarsi e fare i tagliolini per strada. Lei, mangiando il solito gelato rigorosamente al caffè, mi spiegò che era solo un modo di dire. Si usava per descrivere le serate passate a far niente in compagnia. Ora non so se era il sapore dell’estate che si stava avvicinando o cosa, ma la spensieratezza dei tagliolini insieme ad Alessia sarà la cosa che mi mancherà di più, di questa vita universitaria.
Signore e signori, a voi Shakespeare
Due giorni nelle Marche, un copione di Shakespeare e le scenografie digitali di uno spettacolo da realizzare. Sono gli ingredienti di una delle esperienze più belle della mia vita. Ultimo giorni di maggio, anno 2022. Al teatro “La Fenice” di Senigallia tutto pronto per accogliere lo spettacolo di Macbeth realizzato dagli studenti del Liceo Perticari con le nostre scenografie di grafica generativa. Alle 20 i posti hanno iniziato a riempirsi, alle 21 su il sipario. È una sensazione particolare, quella che si prova vedendo sul palco ciò a cui hai lavorato per tutti quei mesi. Centinaia, le persone che avevano pagato un biglietto per vederlo. È un po’ come quando, da bambino, non vedi l’ora che arrivi il giorno del tuo compleanno. Aspetti gli amici, i regali e la torta. E quando arriva, vorresti non finisse mai.
Testi, foto e illustrazioni di Irene Bacherotti