Ad alcuni piace il fruscio delle banconote, ad altri il bip della carta: abbiamo messo il naso nei portafogli e nelle abitudini degli studenti, incontrando chi nel denaro vede l’indipendenza e chi lo considera triste oppure ‘sporco’
Le lezioni della mattina sono finite e vai al bar. Ordini un tramezzino, una bottiglietta d’acqua e un caffè. Paghi col bancomat o in contanti? E come ti senti? La percezione di quanto hai speso è la stessa?
Incontri quell’amica che due settimane fa ti doveva dare 5 Euro come quota per un abbonamento condiviso su una piattaforma. Al momento hai pagato tutto tu e lei potrebbe essersi dimenticata di darti la sua parte. Li chiedi oppure fai finta di niente?
Qualche ora più tardi vai a fare spesa. Sullo scaffale noti quei biscotti al cioccolato buonissimi ma costosissimi. Li metti nel carrello. Rimetti a posto la bottiglia di ricercatissima birra a tre luppoli che avevi scelto poco prima, oppure tiri dritto verso la cassa?
La vita da studenti universitari è fatta anche di questo. Di spese previste e impreviste, lussi e sacrifici, abitudini che ti coccolano ma dalle quali a volte scappi, avvertendole come limiti.
Per capirlo meglio abbiamo coinvolto alcuni iscritti dell’Università di San Marino. Di seguito i loro racconti su come spendono, per cosa, come e perché.
Finiscono subito
Marta, 24 anni, viene da Palermo
“Le mie abitudini cambiano a seconda del luogo. Quando sono qui a San Marino uso sempre la carta, mentre in Sicilia, da dove vengo, vado di contanti. Le ragioni principali sono due: lì non tutti accettano il bancomat e i miei genitori mi danno i soldi cash, quindi in tasca ho quelli”.
“Nelle mie giornate all’università spendo poco o niente. Può scapparci un gelato o un caffè. Una volta la settimana vado al supermercato per fare la spesa. Fine”.
“Quando pago con la carta, nell’immediato la mia percezione è di non spendere niente. Coi contanti è l’opposto. Mi viene l’ansia e penso: caspita, qua finiscono subito!”
“In generale, mi controllo: i soldi che spendo vengono dai miei genitori, che mi danno fiducia. Cerco di darmi dei limiti e al contempo concedermi qualche libertà”.
Verso l’indipendenza
Edoardo, 25 anni, viene da Pesaro
“Pago con la carta finché ho i soldi nel conto, poi passo alle banconote, che tengo in un cassetto in camera mia”.
“Col bancomat la comodità è che è tutto tracciato e puoi controllare. Secondo me quando si è giovani è meglio imparare a gestirsi con i contanti, perché la percezione è diretta. I soldi li vedi materialmente passare dalle tue mani a quelle di un altro. Vedi anche quanti sono”.
“Se penso ai soldi, il primo concetto che mi viene in mente è quello di indipendenza. È qualcosa di cui avrò bisogno e che mi permetterà di non dover sempre contare sulla mia famiglia. Infatti ho il pallino di andare presto a lavorare”.
Il minimo indispensabile
Gaia, di Salerno, 25 anni
“A me spendere non piace. Mi limito quindi a comprare da mangiare al supermercato e mettere il carburante nell’automobile. Magari mi concedo uno Spritz come aperitivo. Tutto qui”.
“Quando faccio la spesa scelgo il minimo indispensabile. Un pacco di biscotti è già un lusso. Fra il caffè del bar, che costa 1,20 Euro, e quello della macchinetta automatica all’università, disponibile per 50 centesimi, scelgo il secondo”.
“Non sento differenze, se uso la carta o i contanti. Il motivo? A me la fase di sofferenza non viene durante il pagamento, ma prima”.
Mani bucate
Filippo
“Di solito giro con in tasca 5 Euro o anche meno. Ma poco fa ho incontrato i miei genitori, che me ne hanno dati 90. È un evento straordinario. Non fa testo”.
“Per me l’abitudine è pagare col cellulare o l’orologio”.
“Non sono uno che butta i soldi. Niente sigarette, niente gratta e vinci o cose simili. Però penso di avere le mani bucate. Quando vado a fare la spesa, metto nel carrello quello che mi va. Prosciutto? Sì! Yogurt? Evvai! Una birra particolare? Certo! Non mi limito allo stretto necessario”.
“Questo approccio vale per le spese di routine. Se invece c’è qualcosa di straordinario, mi soffermo molto di più e mi pongo più domande. La principale è: ne vale la pena?”
Torniamo al baratto
Giulia
“Preferisco il bancomat perché è più veloce, un gesto e via. Prendere i soldi dal portafogli e contarli richiede più attenzione e tempo. Con la carta poi rimane tutto tracciato”.
“Sono una che spende. Penso due cose: che i soldi tornano sempre e che la vita è breve! È inutile essere tristi perché non ci si è concessi una cosa. Certo, dipende dall’entità della spesa. Parlo di cose piccole. Se si tratta di un computer oppure una piastra per i capelli, la faccenda cambia e c’è più riflessione”.
“Nei fine settimana mi tratto bene. Magari vado a fare shopping e mi compro dei vestiti. La sera mangio fuori e in posti particolari. Più tempo libero ho, più spendo”.
“Se mi soffermo a pensare al denaro, la prima cosa che mi chiedo è: perché non torniamo al baratto? Collego i soldi a qualcosa di ‘sporco’. Non proprio giusto”.
Non sono stata viziata
Martina
“Al momento ho 50 Euro in tasca, ma dureranno poco. Li devo dare a un’amica che me li ha prestati di recente durante un viaggio”.
“Ci sono cose per cui spendo di più rispetto ad altre. Ci metto dentro i viaggi, appunto. I mezzi di trasporto, il carburante e così via. Anche i vestiti. Se capita vado sul sito di Zara e mi faccio un ordine da 200 Euro. Una cosa in cui cerco di ridurre le spese è il cibo. E anche le bevute. La sera, quando esco, mi prendo al massimo un drink”.
“Ma vado a periodi. Anzi, a cicli. A un certo punto mi prende il matto e spendo molto, anche più di quanto potrei permettermi. Poi mi pento e mi calmo, cercando in qualche modo per risparmiare. Col tempo però torno al punto iniziale”.
“Sono cresciuta in una famiglia in cui le spese sono sempre state fatte con estrema attenzione. Pochi anche gli sprechi. Non sono stata viziata per niente, le cose che avevo le ho usate fino a consumarle. Crescendo ho conosciuto persone con un atteggiamento diverso e mi sono avvicinata a una nuova concezione. Adesso l’importante per me è stare bene. Se un viaggio o un altro tipo di esperienza va in quella direzione, la faccio senza farmi limitare dal pensiero della spesa. Mi fa stare in ansia, però. Al momento ho uno stile di vita nel quale non mi nego molti piaceri e vorrei proseguire così, senza paura di spendere. Ci riuscirò?”
Offro io
Sara, 23 anni, viene da Rimini
“Per me resistere alle tentazioni è difficile. E vado pure oltre. Per esempio, se un’amica mi propone di uscire, non solo accetto, ma offro pure diverse cose durante la serata”.
“Discutere di soldi mi mette a disagio. Un altro esempio: si fa un abbonamento condiviso su una piattaforma e ogni mese chi paga la somma intera riceve una quota da ognuno degli altri partecipanti. Ecco, io non sono una che sollecita dicendo: mi devi 5 Euro. Lascio perdere”.
Oddio, quanto m’è rimasto?
Lamya
“Pago sempre con la carta ma nel portafogli tengo 5 Euro per sicurezza”.
“Oltre a studiare, lavoro. Non voglio pesare troppo sui miei, che mi aiutano per esempio pagando qualche rata dell’università”.
“Sono una che si gestisce molto. Mi faccio dei piani e arrivo a fine mese rientrando nelle spese che avevo previsto. Se penso ai soldi spesso c’è ansia. Oddio, quanto m’è rimasto? Oddio, adesso devo pagare!”
“Di solito sento di non mettere me stessa in primo piano e quando vado a ballare faccio un’eccezione. È l’unica parentesi in cui spendo senza pensare a quanti soldi se ne stanno andando. Riesco a tenere quel pensiero fuori dalla mia testa”.
“Non credo che il denaro renda felici. Nella mia vita la serenità viene dagli amici, dalla famiglia, dallo stare con certe persone. Pensare diversamente mi mette tristezza”.
Interviste e foto di Pierfrancesco Manfrin